Apparso su "The Washington Post" e pubblicato successivamente dall'International Herald Tribune, il 2 aprile, l'articolo affronta il tema assai dibattuto della riforma dei servizi segreti americani.
Gli scandali più recenti che, in questo Paese, hanno colpito il mondo dell'intelligence sembrano infatti aver solamente impresso un moto di accelerazione a un processo di rinnovamento già avviato e ormai non più procrastinabile. Infatti, comunque constatata la necessità dei servizi di intelligence, se ne auspica un riassetto teso al loro miglioramento: "un riordino non una rivoluzione".
Nell'articolo si fa cenno allo studio commissionato dal Congresso Democratico, nel 1994, a un gruppo di lavoro composto da membri designati dallo stesso Congresso e guidato da Harold Brown, ex Segretario alla Difesa e da Warren Rudman, ex senatore repubblicano, definendolo come una "direttiva amministrativa, che si propone di consolidare i poteri e i controlli politici, nonché il ruolo del direttore dell'Intelligence Centrale, quale primo consigliere del Presidente in materia di intelligence". Il rapporto, sempre secondo l'articolista, conterrebbe indicazioni efficaci, volte alla strutturazione di una intelligence più "utile agli ‘utenti' della politica, della diplomazia e dell'Esercito", garantendo, allo stesso tempo, la possibilità di realizzazione delle operazioni clandestine.
Viene giudicata poco misurata la protezione del bilancio dell'intelligence prospettata dallo studio Brown che, al fine di riassorbire il personale impegnato nella lotta all'ex blocco sovietico, suggerirebbe anche un blocco delle assunzioni per un anno.
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